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La cittadina in riva al Danubio

ASSAGGIO DEL VOLUME

In quegli anni ero contento di fare quello che mi piaceva ed ero davvero molto occupato anche se era vero che ero io a cercarmi le occasioni. Ma ero impaziente! Che cosa significa questo? Non è semplice definirlo neppure a me stesso. Sapevo bene fin d’allora, là

in riva al Danubio, che avrei raggiunto un limite che mi avrebbe impedito di migliorare ancora. Il processo era molto importante per me. Era importante davvero, anche lá e allora pensavo che lo scopo del processo fosse nelle cose intermedie. Sentivo, però, che era qualcosa che mi spingeva a raggiungere le perfezione; ma è vero che tutto questo nel campo della chirurgia.

- Assaggiai presto la sua bellezza.


Sì, ricordo tanti casi e malati gentili. Una donna anziana mi sorprese con i suoi sentimenti. Un pomeriggio lasciò in me una forte impressione.

Un torrido giorno d’estate stavo giocando a tennis con il mio primario su un campo di terra battuta. Lottavo con questa volpe del deserto. Aveva lavorato per anni nel Sahara. Che gliene importava di questo caldo? Non mi lasciava tregua, quel mascalzone. Come correva il Vecchio Cespo! Non l’avevo mai visto correre c
osì nel reparto.
Colpivamo la palla, inghiottivamo la polvere. Avrei voluto bere dell’acqua, ma non potevo dargliela vinta visto che avevo venti anni meno del mio primario! Lottavamo uno contro l’altro.
Ad un tratto si avvicinò una donna anziana. La vidi solo per qualche secondo nell’impeto del gioco. Ma il suo abito colorato era molto vistoso. Si fermò accanto al campo ma non si sedette su una panchina rossa. Aspettò senza dir niente e si fermò a guardarmi.
- Finalmente! - il mio collega lanciò la palla fu
ori dal campo oltre il cancello. Un po’ di riposo.
La donna continuava a fissarmi. Feci qualche passo verso di lei. La salutai:
- Buona giornata. Posso aiutarla? Chi cerca?
- Non cerco nessuno, l’ho trovata, dottore. Non mi riconosce?
- Ma sì, certo! Come va? Non lo dico per cortesia, ma è cambiata veramente signora. Sta molto bene.
- Certo, è un’altra cosa starsene all’aperto d’estate e non nella stanza di un reparto, d’inverno, come malata.
- Ne sono contento veramente. Tutto a posto?
- Sì. Volevo solo rivedere il mio caro dottore. Ho pensato tanto a lei, sia nell’ospedale che a casa.
- È molto gentile.
- Sa, io stavo molto male.
- Certo, noi lo sappiamo molto bene.
- Avrei voluto addirittura morire. E non mi dica niente, so bene che è quasi successo.
- Sì, una volta si trovò veramente in guai.
- Adesso può parlare con me sinceramente. Possiamo dire che ero più morta che viva nelle ore dopo l’operazione. Ma adesso sono qua, è stato lei che mi ha ridato la vita. Non avrò più paura della morte quando dovrò andarmene per sempre. Volevo solo rivedere il mio dottore ormai da sana e ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me. Sa che il suo cuore è molto grande? Ciò è molto importante per un malato ma questo lo sanno riconoscere solo quelli che hanno già intuito la purezza di un’altra realtà.
- È veramente molto gentile …
- Ci sono tanti ottimi medici, con forse maggiore successo, ma lei emana una cosa in più. Volevo solo dirle di non perderla. Mai, caro dottore.
- Grazie, veramente…
- Le ho scritto una brev
e lettera, la lascio qua sulla panchina. Quando avrà tempo la legga e la tenga nei suoi pensieri. Arrivederci.
- Grazie mille e…
Se ne andò così come era venuta. Presi la lettera senza busta. Era scritta su un foglio a quadretti con una calligrafia inclinata. Il testo non era lungo, occupava un quarto del foglio. Cominciava col dirmi grazie, poi parlava della bellezza del lavoro nel campo della medicina dal punto di vista di un malato. Poi l’ultima frase in mezzo al foglio:
“Non lasci mai i suoi sogni sviarsi, si lasci sempre guidare dal suo grande cuore!”

Tenni la lettera senza muovermi.




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